Espressioni finanziarie come speculativo, altamente speculativo o di bassa qualità, utilizzate dalle agenzie di rating per descrivere i titoli di debito di tipo non-investment o subinvestment grade, illustrano bene il rischio cui sono soggette le singole emissioni se trattate in modo isolato.
Per molto tempo gli investitori in titoli di debito corporate ben diversificati ritenevano che una buona performance (a bassa volatilità rispetto a quella delle singole obbligazioni di tipo speculative grade) potesse scaturire da un portafoglio ben diversificato di obbligazioni ad alto rendimento. Ciò significa che sarebbe sbagliato considerare un portafoglio di obbligazioni ad alto rendimento come se possedesse le medesime caratteristiche di rischio di una singola obbligazione di tipo sub-investmentgrade o di un cosiddetto junk bond.
Analogamente, il linguaggio forte utilizzato dalle agenzie di rating per descrivere il rischio di singole obbligazioni ad alto rendimento dovrebbe ricordare agli investitori che l'unico modo ragionevole per investire in questo rischio di credito è attraverso un portafoglio ben diversificato: il che per tutti gli investitori vuoi dire semplicemente avere un'esposizione diversificata su titoli di debito statunitensi o globali ad alto rendimento. Le banche d'investimento hanno sfruttato proprio questa differenza fra il rischio elevato di un titolo ad alto rendimento e il basso rischio di un portafoglio titoli ad alto rendimento, applicando misure di ingegneria finanziaria finalizzate a creare porzioni, ovvero franche, con un rating del credito più alto fra i portafogli dei titoli di debito ad alto rendimento (di cui parleremo nel paragrafo dedicato alle CDO, ovvero collatemlised debt obligations).
I titoli di debito emessi da sovereign o corporate borrower (emittenti sovrani o societari) dei mercati emergenti offrono una fonte alternativa di rischio basato sul debito. Questa tipologia di titoli di debito è comunemente denominata in dollari statunitensi e ha registrato andamenti positivi negli anni successivi alla crisi di liquidità dell'agosto 1998. In quel mese, l'indice JP Morgan Emerging-Market Debt segnò una flessione del 29%, rivelando così informazioni importanti sul rischio di contagio non diversificabile nel mercato del debito dei paesi emergenti.
Un rischio che potrebbe ridursi con il passare del tempo, man mano che i mercati emergenti provvedono all'estinzione del proprio debito, all'accumulo di riserve di cambio, all'acquisizione di rating del credito di tipo investment grade e man mano che iniziano ad avvicinarsi al gruppo dei mercati finanziari dei paesi industrializzati.