Per consentire all’investitore la possibilità di ritornare ad avere fiducia nel futuro permettendogli di rimettere azioni nel portafoglio o incrementare le posizioni già esistenti, la parola d’ordine è: diversificazione; diversificazione in termini di momento di ingresso, di numero di titoli, e di Paese.
Il primo punto si può esemplificare citando dei dati:
l’indice Ftse All Share ha perso in media il 70% del suo valore, partendo dal picco del maggio 2007 al minimo del marzo 2009. Ma, in considerazione dei minimi di marzo, il rialzo che l’indice dovrebbe subire per tornare al picco di partenza non è del 70% bensì di circa 230%.
Infatti, se le Borse continuano a salire seguendo la ripresa economica di marzo, lo spazio a disposizione per ritornare al punto iniziale è almeno del 200%.
Fin qui se si considera l’indice in maniera complessiva, visto che potrebbero esserci dei titoli particolarmente reattivi portati a registrare risultati più elevati.
Alla luce di ciò, è quindi meglio investire online ogni qual volta il mercato dia dei segnali positivi.
Riguardo l’indice Ftse All Share ad esempio, ciò potrebbe verificarsi quando i prezzi superano uno dei ritrovamenti di Fibonacci riguardanti il ribasso dall’apice del 2007, ossia le resistenze circa a 21.000, 25.500 e 32.500, o quando le quotazioni saliranno sopra una media mobile importante come le 50, le 100 e le 200 settimane, rispettivamente a 21.000, 28.000 e 33.000 punti.
Il secondo punto (diversificazione di numero dei titoli) si spiega in base a quanto segue: se l’investimento ha l’obiettivo di battere o replicare l’andamento dell’indice, non si può puntare tutto rischiando su di un singolo titolo, ma l’ideale è scegliere tra 5 e 10 strumenti, tra quelli con beta più alto (ad esempio scegliendo tra i panieri Ftse Mib e Ftse Mid Cap, Unicredit, Intesa SanPaolo, Gemina, Fiat, Mediobanca, Italmobiliare, Saipem e Cir) se si vuole avere un portafoglio più aggressivo, o quelli con beta più basso (Eni, buzzi Unicem, Recordati, Edison, Geox, Telecom Italia, Fondiaria Sai e Tod’s) per un portafoglio più conservativo.
L’unica pecca di un portafoglio così costruito è quella di mancare di diversificazione del settore.
Riguardo il terzo punto, il mercato italiano è, infatti, molto competitivo in taluni comparti come le banche, l’energia, la pubblica utilità, ma cala in altri come la tecnologia, la grande distribuzione, la chimica e la farmacia, settori che potrebbero reagire positivamente in caso di ripresa economica.
E proprio la scelta di titoli appartenenti a questa categoria, come Alcatel, Siemens, Bayer, Basf, E.On, Sap, Unilever o Danone potrebbero configurare una strategia vincente di investimento futuro.